Non è il miracolo che conta, quanto il cammino di fede del ‘cieco nato’ per riconoscere Gesù, “colui che è la vita e la luce del mondo” (Gv 1,4).
Con Gesù, infatti, “venne nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo” (Gv 1,9).
Passa Gesù e nel cammino della vita si imbatte nelle tenebre di un ‘cieco nato” e lo illumina di verità, di comprensione e di fede. Tre momenti essenziali, che emergono dal racconto del Vangelo di Giovanni. Un cammino di verità: “Rabbì, chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?” (Gv 9,2).
Lo sguardo di Gesù non è negativo, ma momento di grazia che Dio sta per compiere per mezzo suo: “Né lui ha peccato né i suoi genitori, ma è perché in lui siano manifestate le opere di Dio” (Gv 9,3).
Gesù si pronuncia a favore dell’uomo, bisognoso di aiuto e di salvezza: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati; io non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori” (Mc 2,17).
“Sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: «Va’ a lavarti nella piscina di Sìloe». Quegli andò, si lavò e tornò che ci vedeva” (Gv 9,6-7).
Non un gesto di magia, ma di grazia; gesto sacramentale, che ricorda il battesimo, in cui l’uomo è illuminato e rigenerato a vita nuova: “Siete stati lavati, santificati, giustificati nel nome del Signore Gesù Cristo e nello Spirito del nostro Dio” (1Cor 6,11).
Va a lavarsi il cieco e nell’obbedienza della fede è rigenerato alla vita nuova in Cristo e nello Spirito. “In che modo ti sono stati aperti gli occhi?” (Gv 9,10): è il momento della comprensione e della testimonianza a Gesù: “sempre pronti a rispondere a chiunque ci domandi ragione della speranza che è in noi” (1Pt 3,15).
La sua fede è messa alla prova, e allo scetticismo dei farisei, il “cieco nato” risponde con sicurezza: “Quell’uomo che si chiama Gesù ha fatto del fango, mi ha spalmato gli occhi e mi ha detto: “Và a Sìloe e lavati! Io sono andato e, dopo essermi lavato, ho acquistato la vista” (Gv 9,11).
E all’obiezione subdola da parte delle autorità: “Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato” (Gv 9,16), con prontezza si schiera dalla parte di Gesù e professa: “È un profeta!”, un uomo di Dio, che opera il bene a favore dei membri del popolo di Dio.
L’identità di Gesù divenne a lui più chiara. La luce di Cristo lo rese più consapevole che in Gesù opera Dio stesso. Anzi, la sua fede lo rese testimone audace. Così, a coloro che lo deridono per essere «discepolo di Gesù», egli risponde con fermezza: “Se costui non fosse da Dio, non avrebbe potuto far nulla” (Gv 9,33).
“Tu credi nel Figlio dell’uomo?” (Gv 9,35): la fede non è opera dell’uomo, per questo Gesù viene a rendere salda la sua testimonianza.
Lo cerca e lo coinvolge nel cammino di sequela. Gesù è il “Figlio dell’uomo”, colui che porta a compimento le promesse di Dio, il Messia che lotta contro il male e determina il trionfo glorioso di Dio. “Credo, Signore!” e lo adorò (Gv 9,38).
Il salto è fatto, la fede in Gesù è piena. La luce splende sugli occhi del ‘cieco nato’, esterni ed interiori, e professò che il Verbo si fece carne per illuminare ogni uomo che crede in lui.