“Chi entra per la porta, è il pastore delle pecore. … Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvo; entrerà e uscirà e troverà pascolo” (Gv 10,1-10).
È la domenica del Buon Pastore e, in lui, dei pastori che guidano la Chiesa di Dio. Gesù è il nostro pastore:
apparteniamo a lui, abbiamo creduto in lui e ci siamo affidati a lui. Ogni fedele ascolta la sua voce, la riconosce, la segue.
Egli è la guida del nostro cammino spirituale: a lui ci rivolgiamo, a lui aderiamo con la mente e il cuore, lo seguiamo ascoltando la sua voce e seguendo i suoi esempi.
Egli è il nostro “buon pastore”, perché egli “offre la sua vita per le pecore” (Gv 10,11.15); è il “pastore grande”, stabilito da Dio “in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù” (Eb 13,20).
È lui che ci rende “perfetti in ogni bene”, compiendo la volontà di Dio e operando in noi ciò che a lui è gradito. Entriamo in comunione con Gesù che ci illumina, ci salva, ci santifica nell’amore e nella verità.
La sua azione non si esaurisce nel tempo, ma secondo la sua promessa continua per la nostra salvezza: “Vi darò pastori secondo il mio cuore, che vi guideranno con scienza e intelligenza” (Ger 3,15).
Egli, infatti, continua ad operare attraverso coloro che egli ha scelto per essere “pastori del gregge di Dio”: “Egli ha dato ad alcuni di essere pastori e maestri, allo scopo di edificare il corpo di Cristo, finché arriviamo tutti all’unità della fede e della conoscenza del Figlio di Dio, fino all’uomo perfetto, fino a raggiungere la misura della pienezza di Cristo” (Ef 4,11-13).
Ad essi sono richieste tre cose essenziali: essere voce di Gesù, proclamando con autenticità di parola e di vita il Vangelo di verità, di giustizia, di amore, perché i credenti in Gesù possano sentire le parole che sono «spirito e vita»; devono pascere il gregge di Dio: alimentano i fedeli con la parola di verità, li curano con il sacramento della misericordia e riconciliazione, li nutrono con il corpo e il sangue di Gesù, li invitano a seguire Gesù; altrimenti incorreranno nel rimprovero del Signore: “Non avete reso forti le pecore deboli, non avete curato le inferme, non avete fasciato quelle ferite, non avete riportato le disperse. Non siete andati in cerca delle smarrite, ma le avete guidate con crudeltà e violenza” (Ez 34,4).
Per evitare ciò, i pastori devono farsi modelli dei fedeli: “Pascete il gregge di Dio che vi è affidato, sorvegliandolo non perché costretti ma volentieri, come piace a Dio, non per vergognoso interesse, ma con animo generoso, non come padroni delle persone a voi affidate, ma facendovi modelli del gregge” (1Pt 5,2-3).
Gesù è il buon pastore, ma anche “la porta delle pecore”, perché solo lui ci immette nell’intimità con lui e con il Padre: “Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me” (Gv 14,6).
Ma lo stare con Gesù è un dinamismo esistenziale. che ci ci abilita ad “entrare, uscire e trovare pascolo” (Gv 10,9). Entrare: il cristiano entra in rapporto con Gesù nella fede, cresce mediante la parola e il pane di vita, esperimenta il grande amore di Gesù.
Uscire: rinnovati dall’amore, usciamo da noi stessi, per essere “simili a lui e vederlo così come egli è. E chiunque ha questa speranza in lui, purifica se stesso, come egli è puro” (1Gv 3,2-3).
Dobbiamo uscire per dare testimonianza: “Noi abbiamo visto e attestiamo che il Padre ha mandato il suo Figlio come salvatore del mondo” (1Gv 4,14).
Trovare pascolo: Gesù ci “condurrà in ottime pasture e il nostro pascolo sarà sui monti alti d’Israele; là ci adageremo su fertili pascoli e pasceremo in abbondanza sui monti d’Israele” (Ez 34,14).
Allora canteremo con gioia: “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla. Su pascoli erbosi mi fa riposare, ad acque tranquille mi conduce. Rinfranca l’anima mia, mi guida per il giusto cammino a motivo del suo nome” (Sal 23,1-3).