“Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà” (Mt 24,37-44).
C’è una certezza nella vita del credente: il Signore verrà sicuramente; ma c’è anche un’incertezza: non
sappiamo quando verrà; per questo siamo invitati alla vigilanza. Non dobbiamo agire con quell’indifferenza verso Dio e il futuro con cui gli uomini al tempo di Noè vivevano i fatti della vita quotidiana: “mangiavano, bevevano, sposavano”.
E, nella nostra società moderna, caratterizzata da un diffuso agnosticismo, il pericolo è reale. Afferrati dai problemi del quotidiano: relazioni sociali conflittuali, guerre, pandemie, ma anche da una corsa ad un benessere senza freni e ad un relativismo fluido che non riconosce più alcuna verità stabile, il credente potrebbe perdere il contatto con Dio e con le realtà ultime della nostra esistenza: morte, giudizio, inferno e paradiso.
Il richiamo al “parallelismo di situazione” con i tempi di Noè è serio e deve farci riflettere, per non illanguidire nel sonno dell’indifferenza e dell’apatia. Indifferenza: sentimento negativo che produce l’incredulità e passività di chi non sente più nel suo cuore la presenza del Signore: “i giusti loderanno il tuo nome, gli uomini retti abiteranno alla tua presenza” (Sal 140,14).
A patia: brutto male, che ci rende insensibili e privi di qualunque entusiasmo nell’attesa del Signore che viene: “poiché sei tiepido, non sei cioè né freddo né caldo, sto per vomitarti dalla mia bocca” (Ap 3,16).
Per questo siamo invitati alla vigilanza sapiente, responsabile, attiva. Vigilanza sapiente: si attua nel discernimento, cioè nell’intelligenza della fede, che ci fa scegliere secondo il progetto di Dio, e secondo la piena disponibilità dell’amore, che ci stabilisce saldi nella fede: “Prego che la vostra carità cresca sempre più in conoscenza e in pieno discernimento, perché possiate distinguere ciò che è meglio ed essere integri e irreprensibili per il giorno di Cristo, ricolmi di quel frutto di giustizia che si ottiene per mezzo di Gesù Cristo, a gloria e lode di Dio” (Fil 1,9-11).
Vigilanza responsabile: vivere con consapevolezza e adesione al progetto di Dio: “Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto” (Rom 12,2). Collaboriamo con Dio e la nostra vita sarà trasformata in “eucaristia, sacrificio vivente, santo e gradito a Dio” (Rom 12,1).
Vigilanza attiva: per affrontare il buon combattimento della fede, in un dinamismo spirituale che ci fa crescere nella santità e ci fa edificare il Regno di Dio. C’è una lotta spirituale dura, quotidiana, combattuta con armi spirituali, per essere saldi nella fede, costanti nella speranza, operosi nella carità.
Essa ha luogo nel cuore, lo spazio del nostro incontro con Dio e con i nostri fratelli e sorelle. Essa richiede fedeltà, vigilanza, prontezza. Fedeltà: è nel mezzo delle nostre attività quotidiane che professiamo la nostra adesione a Dio: “Sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio” (1Cor 10,31). Vigilanza: è vivere la nostra vita quotidiana con attenzione alla voce dello Spirito, che ci guiderà per le vie dell’amore: gioia, pace, pazienza, fedeltà, benevolenza, mitezza, dominio di noi stessi (Gal 5,22). Sempre docili allo Spirito, seguiremo le via di Gesù per divenire suoi “coeredi, se veramente partecipiamo alle sue sofferenze per partecipare anche alla sua gloria” (Rom 8,17).